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Qual è la strada che deve percorrere il Chianti Classico? Gli sforzi del Consorzio negli ultimi vent’anni sono enormi, ma i continui cambiamenti hanno forse trasformato i vini del Gallo Nero in una sorta di “bersaglio” agli occhi del consumatore. L’introduzione delle UGA, la novita della piramide di qualità (Chianti Classico d’annata, Riserva e Gran Selezione), la diatriba tra uvaggio e sangiovese in purezza – argomenti che non esauriscono il quadro ma sono sufficienti a rendere l’idea – costituiscono da soli un fardello da gestire dal punto di vista comunicativo. Come e dove cominciare a fare ordine in un luogo che per molti versi strizza l’occhio alla Borgogna e per altri a Bordeaux? Prima di tutto dalle norme sull’etichettatura: se l’intenzione fosse quella di valorizzare il terroir delle UGA, sarebbe forse il caso di poter inserire Castellina San Casciano non solo nei vini Gran Selezione ma anche in quelli Riserva e d’annata. Il presidente del Consorzio, Giovanni Manetti, aveva motivato la decisione di applicare le Unità Geografiche Aggiuntive soltanto alla tipologia Gran Selezione in nome di un principio di prudenza e gradualità, ma in Borgogna, se vuoi capire Morey-Saint-Denis, non inizi con il Clos de la Roche Grand Cru, perché ti parlerà solo della grandezza specifica di quell’unico sito. Devi iniziare con un Morey-Saint-Denis Village. La pratica dell’uvaggio, più vicina alla cultura bordolese, non dovrebbe essere messa da parte, anzi, consentendo ai produttori che miscelano uve locali diverse di evidenziare tale pratica in etichetta.

 

Inserire la menzione delle UGA nelle categorie annata e Riserva, accantonare i vitigni internazionali, distinguere più chiaramente le categorie Riserva e Gran Selezione: questi i punti principali della riforma  

 

In secondo luogo, l’accantonamento dei vitigni internazionali dal disciplinare, oggi ammesse per un massimo del 10 per cento; una percentuale ritenuta, da alcuni enologi interpellati (Federico Giuntini), già fin troppo invasiva nei confronti del sangiovese, il cui 90 per cento potrebbe a volte non essere sufficiente a fronteggiare le numerose minoranze rappresentate da merlot e cabernet sauvignon. Terzo punto, una distinzione più decisa tra le categorie Riserva e Gran Selezionela principale differenza sta nel  divieto di impiego, per la Gran Selezione, di varietà internazionali, e nell’impiego di un minimo del 90 per cento di uve sangiovese“, oltre che per il già citato divieto di menzione delle UGA per la Riserva. Per quanto la Gran Selezione sia una categoria creata con cognizione di causa, allo stato attuale ha spedito la categoria Riserva in una sorta di terra di mezzo, le cui peculiarità sono difficili da mettere in risalto. “La soluzione proposta sarebbe di avere gli stessi requisiti di maturazione per Riserva e Gran Selezione e le stesse linee guida sull’uvaggio (minimo 90 per cento sangiovese)“. In questo caso la Riserva potrebbe coincidere con le miscele provenienti dai migliori vigneti , mentre la Gran Selezione con i vini di un singolo vigneto. Ultimo punto, il legno: l’uso a volte troppo disinvolto di botti nuove non è un cruccio del solo Chianti Classico, e della Gran Selezione in particolare, e anche se è forte la tentazione di “suggerire un divieto” sul suo impiego, alla fine potrebbe essere sufficiente raccomandare di informarsi sul rapporto che il produttore ha con le doghe.

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